Sul tetto del Duomo

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Mai come nei periodi di magra si ricordano con trasporto le giornate dell’abbondanza. Oggi scrivo dalla mia quarantena milanese, dove mi sono accorta come rendere più piacevole e utile il mio tempo: sistemando innumerevoli scatti di viaggi e resuscitando il mio blog personale, che parlerebbe proprio di questo, di diari fotografici di viaggi e giornate felici, come dice il suo sottotitolo.

E allora, ecco una pagina di diario inedita e molto milanese. La mia storia d’amore con Milano non è stata un colpo di fulmine; ricordo ancora quando da ragazzina ci venivo solo occasionalmente con le amiche a passarci una giornata e ogni volta che tornavo a Biella mi girava la testa, mi sentivo frastornata come un pesce rimasto troppo fuori dall’acqua. Ubriaca di folla e vetrine.

Con gli anni però, molteplici occasioni mi hanno portata in questa città, che sempre di più mi ha svelato nuove facce e dietro il suo aspetto un po’ sfrontato ho scoperto un cuore palpitante di bellezza. Molto di questo merito ovviamente va a Manfredi, che fin dal nostro primissimo appuntamento meneghino mi ha portata in giro per la città, letteralmente spuntando da una lunga lista tutti i posticini da vedere, sia i più noti che i più nascosti. Può sembrare assurdo, ma il Duomo è stata una delle tappe più recenti e quindi un bel po’ in fondo a quella famosa lista. Ed è stata una prima volta condivisa, nonostante Manfredi contasse qualche anno di vita a Milano in più: forse certe cose sono così ovvie che si danno per scontate.

Ecco quindi la nostra esplorazione del Duomo, dalla cima fino al suo interno (non ci siamo fatti mancare persino gli scavi sotterranei, anche se non mostrati qui). Maestoso dentro quasi quanto fuori, ma a conquistarmi è stato il tetto: verso il tramonto di una giornata di sole ha dato il suo meglio. Replico con nostalgia la visita, attraverso le fotografie. E dal mio comodissimo divano mi mancano perfino gli infiniti scalini per salire fin su, chi l’avrebbe mai detto.